2 dic 2019

United Colors of Autostrade


Secondo quanto scrive l'Ansa Aspi (Autostrade per l'Italia) ha incassato, da quando nel 1999 è stata privatizzata la gestione della grande rete stradale, oltre 10 miliardi, "la gran parte dei quali affluiti sotto forma di dividendi nella holding Atlantia, che li ha utilizzati per remunerare i suoi soci e finanziare l'attività di diversificazione della società infrastrutturale, controllata al 30% dalla famiglia Benetton". 
Ma fra il 2008 e il 2016, secondo l’ ultimo rapporto, le tariffe nelle tratte gestite da Autostrade per l’ Italia sono aumentate del 25%.
Lo stesso non si può dire per gli investimenti. Mancano almeno 1,5 miliardi di euro sull’intera rete che gestisce: in manutenzioni e migliorie. Dal 1999, la famiglia Benetton gestisce 3000 km di autostrade in regime di monopolio, grazie ad una concessione statale che le fu regalata dall’allora presidente dell’Iri sig. Gros Pietro che venne successivamente premiato con la presidenza della società privatizzata. Business molto più proficuo e con meno rischi dei maglioncini … dove bisogna superare la concorrenza! E se non bastasse il governo nel 2015 prolungò la concessione ai Benetton, senza gara europea, fino al 2042.
E grazie agli stessi politici (dello stesso colore) ha potuto anche mettere le mani su Autogrill e Aeroporti di Roma. Chi mi ama mi segua. Ma prima paghi il pedaggio.

Stabilito questo possiamo leggere la lettera inviata alle maggiori testate da Luciano Benetton:


"Gentile Direttore,
Trovo necessario fare chiarezza su un grande equivoco, nessun componente la famiglia Benetton ha mai gestito Autostrade. La famiglia Benetton è azionista al 30 per cento di Atlantia che a sua volta controlla la società Autostrade. Atlantia è una azienda quotata in borsa che ha il 70 per cento di azionisti terzi nazionali e internazionali, tra cui sono presenti importanti fondi sovrani e investitori a lungo termine, che nulla hanno a che vedere con la famiglia Benetton.


 Le notizie di questi giorni su omessi controlli, su sensori guasti non rinnovati o falsi report, ci colpiscono e sorprendono in modo grave, allo stesso modo in cui colpiscono e sorprendono l’opinione pubblica. Ci sentiamo feriti come cittadini, come imprenditori e come azionisti. Come famiglia Benetton ci riteniamo parte lesa. Di sicuro ci assumiamo la responsabilità di aver contribuito ad avvallare la definizione di un management che si è dimostrato non idoneo, un management che ha avuto pieni poteri e la totale fiducia degli azionisti e di mio fratello Gilberto che per come era abituato a lavorare, di sicuro ha posto la sicurezza e la reputazione dell’azienda davanti a qualunque altro obiettivo. Sognava che saremmo stati i migliori nelle infrastrutture.
Non cerco indulgenza per Autostrade, chi ha sbagliato deve pagare, ma quello che trovo inaccettabile, è la campagna di odio scatenata contro la nostra famiglia, con accuse arrivate da subito e che continuano tutt’ora con veemenza da parte di esponenti del governo, come l’onorevole Di Maio, che addita la famiglia come fosse collusa nell’aver deciso scientemente di risparmiare sugli investimenti in manutenzioni. In pratica come fosse malavitosa. Questo è inaccettabile, chi ci conosce sa come lavoriamo, basta guardare i risultati ottenuti con Autogrill o l’aeroporto di Roma, due realtà che sono diventate leader a livello internazionale. Siamo azionisti di lungo periodo che si sono sempre posti come obiettivo la crescita del valore delle aziende tenuto conto dell’interesse di tutti, utenti, clienti, lavoratori, investitori e azionisti.
Non cerco giustificazioni, da quanto sembra l’organizzazione di Autostrade si è dimostrata non all’altezza, non è stato mantenuto il controllo necessario su tutti i settori di un sistema così complesso. Una struttura è fatta di uomini e qualche mela marcia può celarsi dappertutto. Leggere di intercettazioni tra tecnici che falsificano delle relazioni è inconcepibile, a chi giova mettere a rischio le strutture? A chi? Per risparmiare cosa? Quando il rischio è tale che qualsiasi risparmio ne verrebbe annientato, come dimostra il caso del ponte Morandi. È una domanda a cui non riesco a rispondere.
Noi ci auguriamo che la giustizia faccia il suo corso con rapidità e si possano finalmente dare risposte chiare a tante domande. Nel frattempo mi appello alle istituzioni e ai media affinché trovino il giusto linguaggio per trattare questi argomenti, la scelta del capro espiatorio da linciare sulla pubblica piazza è la più semplice ma anche la più rischiosa.
Chi come noi fa impresa e ha la responsabilità di decine di migliaia di dipendenti si aspetta serietà, soprattutto dalle istituzioni, serietà non indulgenza."
Fto Luciano Benetton

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