24 dic 2019

Autostrade: i conti non tornano ...


Il dossier della Corte dei Conti sulle concessioni
"Tariffe cresciute molto più dell’inflazione"
MILANO — La Corte dei conti regala un prezioso assist al governo nel braccio di ferro con la famiglia Benetton sulle Autostrade. E apre la porta — con una sponsorizzazione implicita del lavoro del pool di esperti del ministero delle infrastrutture — alla possibile revoca senza indennizzo delle concessioni.
La relazione dei giudici contabili sul settore si è chiusa infatti con un j’accuse durissimo al sistema, segnalando «numerose carenze di gestione delle tariffe non regolate sulla base dei costi sostenuti», contestando la scarsa trasparenza dei contratti tra pubblici e privati e sottolineando il calo graduale degli investimenti malgrado una remunerazione (per i concessionari) molto più alta dei tassi d’inflazione. I signori del casello — calcola la Corte dei conti — si sono portati a casa un rendimento medio del capitale del 7%, Autostrade per l’Italia addirittura del 10%. Merito degli aumenti tariffari accordati in un settore dove «l’attività di controllo è ostacolata da personale dedicato a danno dell’interesse pubblico ».
La radiografia della Corte è particolarmente impietosa sui tempi (troppo lenti) e la qualità dei rinnovi delle concessioni garantiti negli anni passati. Operazioni fatte «senza gara» e — dopo il rinnovo concesso al gruppo dei Benetton nel 2008 — con un nuovo schema che prevede «un costo eccessivo di subentro per lo stato» e regala alle aziende la possibilità di eseguire in proprio, con società controllate, una fetta troppo importante dei lavori sulle autostrade. I dati di profitti e investimenti calcolato dalla Corte parla da solo sulle falle del sistema dei controlli. Gli utili netti di sistema sono cresciuti di quasi 600 milioni l’anno in un lustro, mentre le spese per la manutenzione e le strutture nello stesso periodo si sono dimezzate, «causa incertezze normative e ritardi nelle approvazioni» si difendono i concessionari. La rete autostradale è stata del resto nell’ultimo decennio una autentica gallina dalle uova d’oro per i gestori che si sono regalati nel periodo quasi 10 miliardi di dividendi.
Il capitolo più interessante della relazione, agli occhi del governo, è quello relativo al possibile indennizzo (circa 20 miliardi) previsto dalla concessione per Autostrade in caso di ritiro, anche se avvenisse «per gravi responsabilità» della holding dei Benetton. Il tema — ammettono i giudici — andrà discusso in altra sede ma si tratta di «una clausola eccentrica e molto sbilanciata in favore della concessionaria ». Ma ci tengono a riportare ampi stralci del lavoro degli esperti del Mit, secondo cui ci sono ampi margini di manovra legali per arrivare al ritiro delle tratte da Atlantia senza bisogno di pagare alcun rimborso. Anche se altri strascichi giudiziari legati al divorzio, ammette il lavoro di questo pool, rischiano di aprire buchi importanti nella contabilità pubblica.
(la Repubblica 24.12.2019)

La Corte dei Conti riporta quindi sei estremi per possibili reati:
a) scarsa trasparenza dei contratti (DLgs 33/2013 sulla trasparenza)
b) remunerazione molto più alta dei tassi d’inflazione (prevista in convenzione al 70% dell'inflazione reale)
c) attività di controllo ostacolata (art. 2638 codice civile)d) rinnovi delle concessioni «senza gara» (DLgs 50/2016 codice degli appalti)e) nuovo schema al rinnovo con un costo eccessivo di subentro per lo stato (cui prodest?)f) eseguire in proprio gran parte dei lavori (DLgs 50/2016 codice degli appalti)

Tutto grazie ad una privatizzazione che è bene ricordare con un articolo di Giuseppe Oddo (https://www.giuseppeoddo.net/):
"L’acquisizione della società Autostrade dal gruppo Iri è stata l’operazione più lucrosa mai realizzato da Edizione, la cassaforte finanziaria della famiglia imprenditoriale di Ponzano Veneto.

I particolari dell’acquisizione sono descritti in modo sintetico nell’Analisi trimestrale dei bilanci di R&S-Il Sole 24 Ore del 24 dicembre 2009, la pagina dedicata ai conti dei grandi gruppi quotati in Borsa. La fonte dei dati è dunque la società di studi e ricerche di Mediobanca.
L’acquisizione avvenne tramite una scatola finanziaria appositamente costituita, Schemaventotto. Per aggiudicarsi il 30% di Autostrade, Edizione nel 2000 investì attraverso Schemaventotto 2,5 miliardi di euro, di cui 1,3 miliardi di mezzi propri e 1,2 miliardi presi a prestito.
Il secondo passaggio avvenne nel 2003, quando un altro veicolo finanziario controllato da Schemaventotto, denominato NewCo28, rilevò con un’Opa il 54% di Autostrade per 6,5 miliardi. In tal modo NewCo28 incorporò Autostrade scaricandole il debito che aveva contratto per finanziare l’Offerta.
Per i Benetton l’operazione si chiuse a costo zero. Schemaventotto tra il 2000 e il 2009 prelevò infatti da Autostrade 1,4 miliardi di dividendi, tutti generati da utili, e ne collocò in Borsa il 12% con un incasso di altri 1,2 miliardi. Il ricavato totale fu di 2,6 miliardi di euro.
I Benetton sono pertanto rientrati dal debito, hanno recuperato i mezzi propri investiti, e la loro partecipazione nella società vale oggi svariati miliardi. Dal canto suo Autostrade, nonostante l’elevata esposizione finanziaria, continua ad avere una forte redditività e a generare profitti in misura superiore ai dividendi.
La privatizzazione di Autostrade, ossia il trasferimento di un monopolio naturale in mani private realizzato dalla maggioranza di centro-sinistra, porta su di sé il marchio di Romano Prodi,  Carlo Azeglio Ciampi, Mario Draghi e Massimo D’Alema. Il processo di privatizzazione maturò durante il primo governo Prodi e proseguì e si concluse senza soluzione di continuità con il governo D’Alema, con Ciampi ministro del Tesoro di entrambi gli esecutivi, Draghi direttore generale e Gian Maria Gros-Pietro presidente dell’Iri."
Concessione prorogata fino al 2038 dal governo Renzi.


 

6 dic 2019

MES: cui prodest ?

Il MES (meccanismo europeo di stabilità) conterrà alcune clausole (cacs) che avranno un impatto sui titoli di stato dei paesi membri, permettendo di tagliare il debito di uno stato riducendo il valore o allungando la scadenza dei titoli di stato emessi dallo stesso.
Per farlo basterà un voto a maggioranza: di tutti i possessori dei titoli. L'Italia si oppone ma tedeschi e olandesi premono ....
L'Italia chiede che venga modificato anche l'Edis cioè la garanzia comune sui conti correnti dei cittadini europei: se una banca va in crisi e finisce in risoluzione, i soldi ai correntisti verrebbero restituiti da questo fondo comune. Ma anche in questo caso i tedeschi si oppongono; vogliono che le banche italiane riducano i loro rischi prima .... come se le loro banche fossero immacolate (deutsche bank ha ceduto 50 miliardi di sofferenze e rischi su derivati, su 195 totali,  la settimana scorsa). Francoforte chiede i btp italiani vengano "ponderati" e quindi dichiarati non più a rischio zero in modo che partano le vendite (25% in mani estere) e gli switch verso titoli tedeschi ! Gli stessi tedeschi che hanno bloccato per anni il MES chiedendo che venissero applicate limitazioni compatibili con il sistema costituzionale della germania.

Quindi l'Italia dovrebbe acconsentire a dichiararsi insolvente e magari aspettare che intervenga il MES .... con il paradosso che non avrebbe nemmeno le risorse sufficienti per intervenire (700 mld di euro nominali contro 2026 mld di debito pubblico emesso a fine novembre) !

E cosa ha fatto visco, governatore della banca d'Italia ? Ha chieso un "safe asset" europeo ... quasi a dire: i bund no, ma il buono europeo potrebbe essere lo strumento di switch dai btp ! immediatamente la presidente della bce lagarde ha risposto entusiasta alla proposta.

5 dic 2019

2 dic 2019

United Colors of Autostrade


Secondo quanto scrive l'Ansa Aspi (Autostrade per l'Italia) ha incassato, da quando nel 1999 è stata privatizzata la gestione della grande rete stradale, oltre 10 miliardi, "la gran parte dei quali affluiti sotto forma di dividendi nella holding Atlantia, che li ha utilizzati per remunerare i suoi soci e finanziare l'attività di diversificazione della società infrastrutturale, controllata al 30% dalla famiglia Benetton". 
Ma fra il 2008 e il 2016, secondo l’ ultimo rapporto, le tariffe nelle tratte gestite da Autostrade per l’ Italia sono aumentate del 25%.
Lo stesso non si può dire per gli investimenti. Mancano almeno 1,5 miliardi di euro sull’intera rete che gestisce: in manutenzioni e migliorie. Dal 1999, la famiglia Benetton gestisce 3000 km di autostrade in regime di monopolio, grazie ad una concessione statale che le fu regalata dall’allora presidente dell’Iri sig. Gros Pietro che venne successivamente premiato con la presidenza della società privatizzata. Business molto più proficuo e con meno rischi dei maglioncini … dove bisogna superare la concorrenza! E se non bastasse il governo nel 2015 prolungò la concessione ai Benetton, senza gara europea, fino al 2042.
E grazie agli stessi politici (dello stesso colore) ha potuto anche mettere le mani su Autogrill e Aeroporti di Roma. Chi mi ama mi segua. Ma prima paghi il pedaggio.

Stabilito questo possiamo leggere la lettera inviata alle maggiori testate da Luciano Benetton:


"Gentile Direttore,
Trovo necessario fare chiarezza su un grande equivoco, nessun componente la famiglia Benetton ha mai gestito Autostrade. La famiglia Benetton è azionista al 30 per cento di Atlantia che a sua volta controlla la società Autostrade. Atlantia è una azienda quotata in borsa che ha il 70 per cento di azionisti terzi nazionali e internazionali, tra cui sono presenti importanti fondi sovrani e investitori a lungo termine, che nulla hanno a che vedere con la famiglia Benetton.


 Le notizie di questi giorni su omessi controlli, su sensori guasti non rinnovati o falsi report, ci colpiscono e sorprendono in modo grave, allo stesso modo in cui colpiscono e sorprendono l’opinione pubblica. Ci sentiamo feriti come cittadini, come imprenditori e come azionisti. Come famiglia Benetton ci riteniamo parte lesa. Di sicuro ci assumiamo la responsabilità di aver contribuito ad avvallare la definizione di un management che si è dimostrato non idoneo, un management che ha avuto pieni poteri e la totale fiducia degli azionisti e di mio fratello Gilberto che per come era abituato a lavorare, di sicuro ha posto la sicurezza e la reputazione dell’azienda davanti a qualunque altro obiettivo. Sognava che saremmo stati i migliori nelle infrastrutture.
Non cerco indulgenza per Autostrade, chi ha sbagliato deve pagare, ma quello che trovo inaccettabile, è la campagna di odio scatenata contro la nostra famiglia, con accuse arrivate da subito e che continuano tutt’ora con veemenza da parte di esponenti del governo, come l’onorevole Di Maio, che addita la famiglia come fosse collusa nell’aver deciso scientemente di risparmiare sugli investimenti in manutenzioni. In pratica come fosse malavitosa. Questo è inaccettabile, chi ci conosce sa come lavoriamo, basta guardare i risultati ottenuti con Autogrill o l’aeroporto di Roma, due realtà che sono diventate leader a livello internazionale. Siamo azionisti di lungo periodo che si sono sempre posti come obiettivo la crescita del valore delle aziende tenuto conto dell’interesse di tutti, utenti, clienti, lavoratori, investitori e azionisti.
Non cerco giustificazioni, da quanto sembra l’organizzazione di Autostrade si è dimostrata non all’altezza, non è stato mantenuto il controllo necessario su tutti i settori di un sistema così complesso. Una struttura è fatta di uomini e qualche mela marcia può celarsi dappertutto. Leggere di intercettazioni tra tecnici che falsificano delle relazioni è inconcepibile, a chi giova mettere a rischio le strutture? A chi? Per risparmiare cosa? Quando il rischio è tale che qualsiasi risparmio ne verrebbe annientato, come dimostra il caso del ponte Morandi. È una domanda a cui non riesco a rispondere.
Noi ci auguriamo che la giustizia faccia il suo corso con rapidità e si possano finalmente dare risposte chiare a tante domande. Nel frattempo mi appello alle istituzioni e ai media affinché trovino il giusto linguaggio per trattare questi argomenti, la scelta del capro espiatorio da linciare sulla pubblica piazza è la più semplice ma anche la più rischiosa.
Chi come noi fa impresa e ha la responsabilità di decine di migliaia di dipendenti si aspetta serietà, soprattutto dalle istituzioni, serietà non indulgenza."
Fto Luciano Benetton

merry Xmas

mes ? manovra ? lega ? italia dei valori (in banca) ?

no problem ... abbiamo babbo natale !